Nel 1532 la città di Altamura riuscì a riscattare la sua regia demanialità, pagando la somma di 20.000 ducati a Lucreazia di Montaldo, vedova dell'ultimo signore feudale Onorato Gaetani.
Dopo averla riscattata dalla feudalità, i notabili cittadini si recarono a Napoli dal vicerè Pietro di Toledo affinché questi "accettasse, omologasse e facesse confermare dall'imperatore Carlo V il regio demanio della città". Ritenute fondate le richieste, il 16 luglio 1533, Pietro da Toledo firmò il documento col quale riconosceva ai cittadini di Altamura tutti i capitoli di grazie e i privilegi concessi dai precedenti sovrani che vennero ritrascritti.
Questo importante documento, intitolato "Lo Demanio di Altamura" era conservato nell'Archivio di Stato di Bari e fu ceduto nel 1974 dal suo direttore, prof. Pasquale Di Bari, all'A.B.M.C grazie anche alle insistenze dell'allora presidente dell'Ente, conte Celio Sabini.
Le istanze avanzate dagli altamurani al vicerè contenevano richieste di carattere economico e furono accettate, mentre quelle amministrative furono sottoposte al giudizio del potere regio.
Gli altamurani delegarono dunque alcuni notabili della città affinchè ottenessero anche l'approvazione del sovrano. Questa venne concessa dall'imperatore Carlo V d'Asburgo con un lungo documento in pergamena datato 31 gennaio 1536 e chiamato "Libro Rosso" o "Libro Magno". L'imperatore riconosceva alla città di Altamura tutti i privilegi concessi da Federico II di Svevia in poi, fino agli Aragonesi.
La città tornava dunque al regio demanio, ma per un breve periodo, in quanto fu ceduta in dote a Margherita d'Austria, figlia di Carlo V, che andò in sposa a Ottavio Farnese, principe di Parma. Iniziava così la dominazione farnese su Altamura